Vivere la scuola nel quotidiano
Ai nostri posti! (Rappresentanza, Edilizia scolastica, Orientamento)
Un'associazione forte non può essere concepita come un think-tank con struttura e presenza astratte, dobbiamo vivere innanzitutto nelle scuole, recuperare una dimensione di associazione di istituto che non sia solo un collettivo che organizza le manifestazioni, ma una associazione che deve essere vicina agli studenti nella quotidianità.
Dovremo lavorare sulla qualità della nostra presenza negli istituti, con un lavoro che sia tangibile e spendibile, vicino ai bisogni degli studenti. Lo possiamo fare partendo dalla rappresentanza. Proprio in un momento in cui la si vuole distruggere insieme al ruolo stesso degli studenti nella comunità scolastica, attraverso il disegno di legge Aprea, dobbiamo dimostrare che siamo capaci di sfruttare al meglio i nostri spazi per poterne rivendicare di nuovi.
Il lavoro sulla rappresentanza deve partire dal mettere in rete le tante esperienze positive che ci sono sui territori, creando luoghi in cui condividerle e in cui pensarne di nuove; mettendo in campo un lavoro complessivo.
L'obiettivo deve essere presentare, l'anno prossimo, in tutte le scuole in cui siamo presenti, rappresentanti che si candidino con programmi che siano vere e proprie piattaforme create e condivise da tutta l'associazione; valorizzare ed incentivare l'utilizzo dei comitati studenteschi che decidono l'utilizzo dei fondi per le attività complementari o integrative previsti dal DPR 567/96 attraverso luoghi di elaborazione e di scambio di idee sui progetti che proprio grazie a quei fondi si possono realizzare; portare nelle Consulte Provinciali, nel Consiglio Nazionale dei Presidenti di consulta, nel forum delle associazioni del Ministero dell'Istruzione, quella elaborazione sui programmi e sulla progettualità che ci consentirà di essere in quegli spazi con una forza politica maggiore di chi, specie a destra, li utilizza solo per piantare una bandierina in un'ottica di risiko politicheggiante, in cui le minoranze associative studentesche, più o meno organizzate, più o meno presenti e riconosciute sul territorio, fanno finta di contarsi.
La rappresentanza deve essere la via maestra con cui fare arrivare la nostra voce agli studenti, perché valorizzare il ruolo degli studenti nella comunità scolastica passa necessariamente dal saper sfruttare gli spazi che ci sono istituzionalmente riconosciuti. Per questo dobbiamo riprendere alcuni validi strumenti che hanno fatto la storia delle associazioni studentesche, quali ad esempio le “guide” per gli studenti delle scuole superiori, utili per combattere l'idea di una comunità studentesca passiva nelle scuole attraverso una vera informazione sui diritti e i doveri degli studenti.
Non vogliamo che nelle scuole gli studenti stiano solo dietro i banchi a prendere appunti e a seguire le lezioni, non vogliamo essere soggetti passivi, vogliamo partecipare, nei nostri spazi, al processo formativo, che dovrebbe avere come obiettivo non solo l'insegnamento di conoscenze e competenze, ma anche stimolare una crescita di coscienze critiche ed educare alla cittadinanza non con un'ora di educazione civica alla settimana, ma attraverso la partecipazione alla vita della comunità scolastica.
Proprio attraverso la partecipazione puntiamo a innescare un meccanismo che porti gli studenti a sentirsi parte di una comunità che devono essi stessi proteggere e a cui devono sentirsi legati.
Pensiamo al tema dell'edilizia scolastica; uno dei punti dolenti del nostro sistema, che viene alla luce solo quando succedono gli incidenti gravi, quando un ragazzo muore proprio nel luogo in cui dovrebbe essere più al sicuro, ma che è un problema strutturale che gli studenti vivono sulla loro pelle nella quotidianità.
I fondi per l'edilizia, sono di competenza provinciale. Ci sono realtà in cui una classe politica responsabile, seppure con una graduale diminuzione dei fondi stanziati dal governo nazionale - nonostante i recenti tragici fatti di cronaca – perpetrata negli ultimi anni, fanno investimenti di lungo periodo, costruendo edifici nuovi, ristrutturando scuole di proprietà dello stato; ma c'è anche una grande parte di province in cui si sperpera una quantità enorme di denaro pubblico per sostenere le spese di affitto, di ristrutturazione, di strutture scolastiche in mano a privati – spesso scelti peraltro con un meccanismo molto poco trasparente- che non rappresentano una soluzione lungimirante per questo problema.
Anche su questo tema, bisognerà costruire una rete di rappresentanti capace di raccogliere e segnalare i problemi e le esigenze di intervento all'ente istituzionale competente, pensando ad un coinvolgimento attivo ed istituzionalizzato degli studenti nella catena, oggi poco efficiente, degli investimenti delle province sulle strutture scolastiche. Perché il problema degli studenti che non rispettano il luogo in cui studiano, passa anche da quanto questo sia decadente e inospitale. Esattamente come la relazione positiva che ci dev'essere tra studenti e docenti deve basarsi sul concetto di reciproco rispetto, e non di subordinazione.
Il rapporto docente-studente non può, nel terzo millennio, essere un rapporto che si regge solo sul principio dell'autorità.
Il ministero, annunciando in uno stile che ricorda la battaglia del grano, che è ritornata la scuola del rigore, vuole cancellare tutti i piccoli passi in avanti che su questo tema il centro-sinistra aveva fatto, introducendo i concetti di autovalutazione degli studenti, di griglie che misurassero le conoscenze e le competenze tenendo conto anche dell'interesse dello studente, della partecipazione, delle attività extrascolastiche. Oggi noi dobbiamo riprendere quella strada, alzando il tiro; pensando a quanto non sia normale che nel nostro paese non ci sia un vero sistema di valutazione dei professori, dei corsi di aggiornamento che sostengono che sono ben lontani dal concetto di formazione permanente che bisognerebbe introdurre in Italia, non solo per i professori.
L'autonomia scolastica può essere veramente il volano del cambiamento della scuola pubblica, ma per come è tradotta oggi punta solo a rafforzare il potere, per certi versi illegittimo, dei dirigenti scolastici.
L'interpretazione malata dell'autonomia scolastica ha portato ad un sistema in cui le scuole sono incentivate a farsi concorrenza tra loro cercando di accaparrarsi quanti più studenti possibile, anche con vere e proprie campagne di marketing, che ne pubblicizzano i numerosi indirizzi tra cui scegliere, in brochure che vengono distribuite nelle scuole medie.
Noi pensiamo che il tema dell'orientamento sa centrale, alla fine di ogni ciclo di studi. Pensiamo cioè che ci debba essere una informazione non concorrenziale, ma laica, sulla scuola secondaria da scegliere, come sull'università da scegliere; perché è importante che questa scelta venga fatta essendo aiutati, non ingannati, dalle diverse scuole ed università italiane; perché se il metodo rimarrà questo, continueranno ad esserci nel nostro sistema due grandi problemi: resterà alto il numero di studenti che si sentiranno come pesci fuor d'acqua all'interno del proprio corso di studi, e continuerà a crescere la domanda, già altissima, di ragazzi meritevoli, con competenze tecniche specialistiche.
Nella scuola italiana è fondamentalmente rimasta una dannosa “gerarchia” se non formale, sostanziale, tra gli indirizzi di scuola superiore. E’ statisticamente provato che gli studenti che escono dalle medie con buoni voti, in gran misura scelgono un liceo, mentre quelli che escono con una preparazione peggiore, si indirizzano verso i tecnici o i professionali, determinando una popolazione scolastica in cui le eccellenze sono concentrate negli indirizzi umanistico-scientifici, facendo automaticamente diventare i tecnici e i professionali scuole di second'ordine, mentre invece dovrebbero essere le scuole in cui si incontrano il Sapere ed il Saper-fare, le scuole da cui oggi dovrebbero uscire ragazzi con competenze la cui domanda, all'interno delle aziende, continua a crescere.
Che la destra sia, anche su questo tema, sulla strada sbagliata, è confermato dal fatto che il Ministro Gelmini nel riordino della didattica conseguente ai tagli da lei perpetrati, ha tagliato in quelle scuole le ore ed i finanziamenti per i laboratori, che sostanzialmente sono le materie caratterizzanti di quegli indirizzi.
Dobbiamo misurarci con la sfida di partire da questi punti per intavolare una discussione complessiva sulla nostra idea di scuola, per portarla in tutti i luoghi della politica in cui vorremo stare: piazze, tavoli, iniziative; perché le idee che produrremo dovranno essere la vera forza caratterizzante di questo soggetto.
Ai nostri posti! (Rappresentanza, Edilizia scolastica, Orientamento)
Un'associazione forte non può essere concepita come un think-tank con struttura e presenza astratte, dobbiamo vivere innanzitutto nelle scuole, recuperare una dimensione di associazione di istituto che non sia solo un collettivo che organizza le manifestazioni, ma una associazione che deve essere vicina agli studenti nella quotidianità.
Dovremo lavorare sulla qualità della nostra presenza negli istituti, con un lavoro che sia tangibile e spendibile, vicino ai bisogni degli studenti. Lo possiamo fare partendo dalla rappresentanza. Proprio in un momento in cui la si vuole distruggere insieme al ruolo stesso degli studenti nella comunità scolastica, attraverso il disegno di legge Aprea, dobbiamo dimostrare che siamo capaci di sfruttare al meglio i nostri spazi per poterne rivendicare di nuovi.
Il lavoro sulla rappresentanza deve partire dal mettere in rete le tante esperienze positive che ci sono sui territori, creando luoghi in cui condividerle e in cui pensarne di nuove; mettendo in campo un lavoro complessivo.
L'obiettivo deve essere presentare, l'anno prossimo, in tutte le scuole in cui siamo presenti, rappresentanti che si candidino con programmi che siano vere e proprie piattaforme create e condivise da tutta l'associazione; valorizzare ed incentivare l'utilizzo dei comitati studenteschi che decidono l'utilizzo dei fondi per le attività complementari o integrative previsti dal DPR 567/96 attraverso luoghi di elaborazione e di scambio di idee sui progetti che proprio grazie a quei fondi si possono realizzare; portare nelle Consulte Provinciali, nel Consiglio Nazionale dei Presidenti di consulta, nel forum delle associazioni del Ministero dell'Istruzione, quella elaborazione sui programmi e sulla progettualità che ci consentirà di essere in quegli spazi con una forza politica maggiore di chi, specie a destra, li utilizza solo per piantare una bandierina in un'ottica di risiko politicheggiante, in cui le minoranze associative studentesche, più o meno organizzate, più o meno presenti e riconosciute sul territorio, fanno finta di contarsi.
La rappresentanza deve essere la via maestra con cui fare arrivare la nostra voce agli studenti, perché valorizzare il ruolo degli studenti nella comunità scolastica passa necessariamente dal saper sfruttare gli spazi che ci sono istituzionalmente riconosciuti. Per questo dobbiamo riprendere alcuni validi strumenti che hanno fatto la storia delle associazioni studentesche, quali ad esempio le “guide” per gli studenti delle scuole superiori, utili per combattere l'idea di una comunità studentesca passiva nelle scuole attraverso una vera informazione sui diritti e i doveri degli studenti.
Non vogliamo che nelle scuole gli studenti stiano solo dietro i banchi a prendere appunti e a seguire le lezioni, non vogliamo essere soggetti passivi, vogliamo partecipare, nei nostri spazi, al processo formativo, che dovrebbe avere come obiettivo non solo l'insegnamento di conoscenze e competenze, ma anche stimolare una crescita di coscienze critiche ed educare alla cittadinanza non con un'ora di educazione civica alla settimana, ma attraverso la partecipazione alla vita della comunità scolastica.
Proprio attraverso la partecipazione puntiamo a innescare un meccanismo che porti gli studenti a sentirsi parte di una comunità che devono essi stessi proteggere e a cui devono sentirsi legati.
Pensiamo al tema dell'edilizia scolastica; uno dei punti dolenti del nostro sistema, che viene alla luce solo quando succedono gli incidenti gravi, quando un ragazzo muore proprio nel luogo in cui dovrebbe essere più al sicuro, ma che è un problema strutturale che gli studenti vivono sulla loro pelle nella quotidianità.
I fondi per l'edilizia, sono di competenza provinciale. Ci sono realtà in cui una classe politica responsabile, seppure con una graduale diminuzione dei fondi stanziati dal governo nazionale - nonostante i recenti tragici fatti di cronaca – perpetrata negli ultimi anni, fanno investimenti di lungo periodo, costruendo edifici nuovi, ristrutturando scuole di proprietà dello stato; ma c'è anche una grande parte di province in cui si sperpera una quantità enorme di denaro pubblico per sostenere le spese di affitto, di ristrutturazione, di strutture scolastiche in mano a privati – spesso scelti peraltro con un meccanismo molto poco trasparente- che non rappresentano una soluzione lungimirante per questo problema.
Anche su questo tema, bisognerà costruire una rete di rappresentanti capace di raccogliere e segnalare i problemi e le esigenze di intervento all'ente istituzionale competente, pensando ad un coinvolgimento attivo ed istituzionalizzato degli studenti nella catena, oggi poco efficiente, degli investimenti delle province sulle strutture scolastiche. Perché il problema degli studenti che non rispettano il luogo in cui studiano, passa anche da quanto questo sia decadente e inospitale. Esattamente come la relazione positiva che ci dev'essere tra studenti e docenti deve basarsi sul concetto di reciproco rispetto, e non di subordinazione.
Il rapporto docente-studente non può, nel terzo millennio, essere un rapporto che si regge solo sul principio dell'autorità.
Il ministero, annunciando in uno stile che ricorda la battaglia del grano, che è ritornata la scuola del rigore, vuole cancellare tutti i piccoli passi in avanti che su questo tema il centro-sinistra aveva fatto, introducendo i concetti di autovalutazione degli studenti, di griglie che misurassero le conoscenze e le competenze tenendo conto anche dell'interesse dello studente, della partecipazione, delle attività extrascolastiche. Oggi noi dobbiamo riprendere quella strada, alzando il tiro; pensando a quanto non sia normale che nel nostro paese non ci sia un vero sistema di valutazione dei professori, dei corsi di aggiornamento che sostengono che sono ben lontani dal concetto di formazione permanente che bisognerebbe introdurre in Italia, non solo per i professori.
L'autonomia scolastica può essere veramente il volano del cambiamento della scuola pubblica, ma per come è tradotta oggi punta solo a rafforzare il potere, per certi versi illegittimo, dei dirigenti scolastici.
L'interpretazione malata dell'autonomia scolastica ha portato ad un sistema in cui le scuole sono incentivate a farsi concorrenza tra loro cercando di accaparrarsi quanti più studenti possibile, anche con vere e proprie campagne di marketing, che ne pubblicizzano i numerosi indirizzi tra cui scegliere, in brochure che vengono distribuite nelle scuole medie.
Noi pensiamo che il tema dell'orientamento sa centrale, alla fine di ogni ciclo di studi. Pensiamo cioè che ci debba essere una informazione non concorrenziale, ma laica, sulla scuola secondaria da scegliere, come sull'università da scegliere; perché è importante che questa scelta venga fatta essendo aiutati, non ingannati, dalle diverse scuole ed università italiane; perché se il metodo rimarrà questo, continueranno ad esserci nel nostro sistema due grandi problemi: resterà alto il numero di studenti che si sentiranno come pesci fuor d'acqua all'interno del proprio corso di studi, e continuerà a crescere la domanda, già altissima, di ragazzi meritevoli, con competenze tecniche specialistiche.
Nella scuola italiana è fondamentalmente rimasta una dannosa “gerarchia” se non formale, sostanziale, tra gli indirizzi di scuola superiore. E’ statisticamente provato che gli studenti che escono dalle medie con buoni voti, in gran misura scelgono un liceo, mentre quelli che escono con una preparazione peggiore, si indirizzano verso i tecnici o i professionali, determinando una popolazione scolastica in cui le eccellenze sono concentrate negli indirizzi umanistico-scientifici, facendo automaticamente diventare i tecnici e i professionali scuole di second'ordine, mentre invece dovrebbero essere le scuole in cui si incontrano il Sapere ed il Saper-fare, le scuole da cui oggi dovrebbero uscire ragazzi con competenze la cui domanda, all'interno delle aziende, continua a crescere.
Che la destra sia, anche su questo tema, sulla strada sbagliata, è confermato dal fatto che il Ministro Gelmini nel riordino della didattica conseguente ai tagli da lei perpetrati, ha tagliato in quelle scuole le ore ed i finanziamenti per i laboratori, che sostanzialmente sono le materie caratterizzanti di quegli indirizzi.
Dobbiamo misurarci con la sfida di partire da questi punti per intavolare una discussione complessiva sulla nostra idea di scuola, per portarla in tutti i luoghi della politica in cui vorremo stare: piazze, tavoli, iniziative; perché le idee che produrremo dovranno essere la vera forza caratterizzante di questo soggetto.